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Raccolta delle olive a Vetralla: fumo d’ulivo e pane caldo

di Rachele Bordini


A Vetralla, l’autunno arriva con il profumo del fumo ma non quello dei camini, ma bensì quello che sale lento dagli uliveti, dove i rami tagliati diventano brace. Questo è il segno che la raccolta delle olive è nel pieno e che presto, tra il fruscio delle reti e le risate, sarà tempo di panonto; perché nella Tuscia, la raccolta delle olive non è solo lavoro tra i campi ma è tradizione che si svolge tra i terreni che profumano di pane scaldato e carne cotta sulla brace dei rami. È il modo più sincero che i vetrallesi conoscono per ringraziare la terra, la fatica e la compagnia.


Ulivo Vetralla

Autunno a Vetralla: tra brace e olio nuovo


raccolta olive Vetralla

La raccolta delle olive a Vetralla non è un evento ma è un’abitudine dove ogni autunno, le famiglie si ritrovano tra gli ulivi come si faceva una volta: con i secchi, le reti e i rastrelli. Ci si alza presto, si sente il freddo che pizzica, ma bastano due parole, un po’ di vino rosso e qualche battuta per riscaldare l’aria.


raccolta olive Vetralla


raccolta olive Vetralla

Il tempo si ferma e per due settimane ogni sabato e domenica, ognuno ha un ruolo ben preciso: c’è chi raccoglie, chi svuota le cassette, chi stende i teli e chi prepara la brace già a metà mattina e mentre si lavora, il tempo scorre piano, come se tutto il resto del mondo fosse altrove.


La raccolta delle olive a Vetralla: una questione di famiglia


raccolta olive Vetralla

Ci sono tradizioni di famiglia trasmesse oralmente, altre che si possono toccare con mano e profumano di casa anche a chilometri di distanza. La raccolta è ancora una storia di famiglia dove i nonni spiegano come si scuotono i rami, i genitori organizzano le cassette, i bambini inseguono le olive che rotolano fuori dalle reti. Ogni anno è uguale e diverso: cambiano i volti, ma restano i gesti, le mani che si muovono lente, i racconti, i silenzi; è una di quelle cose che si imparano da piccoli e che, anche quando la vita ti porta altrove, continuano a chiamarti indietro. C’è un ritmo che si crea tra le persone, un modo di coordinarsi senza parlarsi, perchè le tradizioni fanno parte di noi e la raccolta delle olive a Vetralla è una fotografia di ciò che l’Italia sa fare meglio: trasformare la fatica in bellezza, la tradizione in gusto, la terra in racconto. La raccolta, in fondo, è la memoria di un gesto antico che resiste, che si rinnova, e che,  come l’olio buono, migliora con il tempo.


Il panonto di Vetralla: pranzo di brace e gratitudine


Brace accesa Vetralla

Intorno a mezzogiorno, quando il sole è alto e le mani cominciano a pesare, la raccolta si ferma e inizia l’ora del panonto. Si accende la brace con i rami d’ulivo appena potati, il fumo si alza dritto e nell’aria si mescola l’odore della legna e della carne;


Brace accesa Vetralla

le salsicce vengono messe sulla griglia, si taglia il pane casereccio, lo si scalda appena sopra il fuoco per farlo croccante, e poi si riempiono i panini con la carne fumante e un filo d’olio nuovo, quello appena spremuto al frantoio.


Panonto Vetralla

Il pane diventa lucido, il profumo è ovunque e mentre ci si siede sui muretti o per terra, con piatti di carta e bicchieri di vino, nessuno parla di olive o di cassette: si mangia, si ride e si respira.


Pane, carne e rami d’ulivo: il sapore del panonto

Dopo il panonto si torna a lavorare, ma con un’altra energia, il fumo del fuoco resta nell’aria, e anche se le olive pesano ancora, sembra tutto più facile. Il suo nome deriva proprio dal gesto di “ungere il pane” con il grasso della carne, l’olio appena franto e accompagnato spesso da un pizzico di sale o da erbe aromatiche come il rosmarino. A Vetralla, il panonto non è solo un assaggio: è un modo per celebrare la fine della raccolta, ringraziare la terra e condividere con gli altri il frutto del lavoro comune. Forse è proprio questo il segreto del panonto: non la ricetta, ma l’atmosfera e quella sensazione che, per un giorno almeno, la vita scorra con il ritmo giusto.


Un fuoco che ogni anno riaccende la memoria a Vetralla

La raccolta delle olive a Vetralla è una tradizione che non ha bisogno di essere ricordata, perché nessuno l’ha mai dimenticata.

Ogni anno, lo stesso fuoco viene acceso, lo stesso pane scaldato e lo stesso olio versato con generosità. Se si capita da queste parti tra fine ottobre e novembre, non c’è bisogno di cercare un locale: basta seguire il fumo, l’odore dell’olio nuovo e le voci che ridono tra gli ulivi, e sarà possibile conoscere dove nasce il sapore più vero della Tuscia.


L’Olio – di Emilio Maggini

Di verde chiome è rivestito ’l colle sferzato dal libeccio e tramontana, l’acqua scegne arifrescà li zolle dalla magra terra puzzolana.

Stann’arradicate a dente strette quelle piante storte arruncinate chi li trusche piantonno e chi ’nsinente e li nostre gjorne so’ rrvivate.

E ’nsieme all’altre piante giovanile sott’a la cappa dil gran sullione doppo d’avé goduto ’l dorce aprile porteno ’l frutto a la maturazione.

E ’l frutto dell’òllivo è granne dono chi ’l criatore cià vuluto fare, cunnisce li vivande grate all’omo, è midicina e lampena all’artare.

Versi di Emilio Maggini, poeta viterbese che ha saputo custodire nel dialetto la voce più autentica della Tuscia.


Forse è proprio questo che intendeva Maggini nei suoi versi: che l’olio non si racconta, si riconosce e basta solamente un filo d’oro verde sul pane caldo per capire che, a Vetralla, la memoria non si conserva ma si assaggia.


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Magazine nazionale di gastronomia e cultura.
Un progetto editoriale indipendente che racconta il cibo come espressione di identità, territorio e immaginario collettivo.

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