Il pesce di Sant’Andrea: la tradizione di fine novembre tra Viterbo e Vetralla
- Redazione
- 4 giorni fa
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di Rachele Bordini
A Viterbo la comparsa del pesce di Sant’Andrea nelle pasticcerie è un piccolo rito speciale. È un dolce apparentemente semplice, di solo cioccolato, ma che racchiude una delle tradizioni più riconoscibili tra Viterbo e Vetralla. Un’abitudine familiare che accompagna la fine di novembre e preannuncia il periodo natalizio.

La tradizione del pesce di Sant'Andrea: una storia che arriva da lontano
La festa di Sant’Andrea, che ricorre il 30 novembre, per secoli ha segnato l’inizio dell’Avvento. In molte aree d’Italia questo giorno era associato a gesti di buon augurio, piccole offerte e riti familiari. Nel viterbese questa usanza ha preso una forma concreta: il dolce a forma di pesce, simbolo dell’apostolo pescatore, da regalare ai bambini o condividere in famiglia.
La simbologia è profonda: Sant’Andrea fu pescatore prima di diventare apostolo, e proprio l’iconografia del pesce lo richiama. Nel corso del tempo quell’immagine religiosa e popolare si è trasformata in un prodotto locale radicato specialmente nel quartiere di Pianoscarano a Viterbo e nel centro storico di Vetralla.
Secondo le testimonianze, la tradizione a Viterbo ha avuto inizio proprio nel quartiere di Pianoscarano dove, molti anni fa, il parroco della parrocchia di Sant’Andrea era solito collocare nella vasca dell’acquasantiera, nella notte tra il 29 e il 30 novembre, un “pesce” per il vescovo e per i sacrestani, contribuendo così alla nascita del rito del pesce-dolce.
Il pesce di Sant'Andrea e i mandarini sul tavolo per il risveglio del 30 novembre a Vetralla

A Vetralla la vigilia ha un gesto preciso, rimasto sorprendentemente attuale: la sera del 29 novembre, in cucina si lascia un piatto di mandarini. Non c’è una formula codificata né un motivo unico: per alcuni è un omaggio al santo, per altri un ricordo d’infanzia, per altri ancora un segnale d’attesa che annuncia un giorno speciale.
La mattina seguente, il piatto diventa punto d’incontro tra due sapori tipici di questa stagione: l’agrume e il cioccolato. Il pesce di Sant’Andrea appare sul tavolo come primo assaggio della festa.
Pianoscarano, il quartiere di Viterbo che custodisce il pesce "dolce" di Sant'Andrea
A Viterbo, il fulcro della celebrazione è il quartiere di Pianoscarano, storicamente legato al santo. Qui, il 30 novembre era il giorno in cui i bambini ricevevano il pesce di cioccolato, spesso insieme ai mandarini o alle prime arance dell’anno.
Oggi la tradizione è più diffusa: in città, nei giorni che precedono la festa, le pasticcerie iniziano a riempire le vetrine con pesci in varie misure, dal cioccolato fondente a quello al latte. Il dolce non ha subito grandi trasformazioni, e forse sta proprio in questo la sua forza: la forma riconoscibile, la carta brillante, e quel richiamo immediato a un periodo dell’anno che tutti aspettano.
Un dolce stagionale che sa di semplicità

Il pesce di Sant’Andrea non è un dolce elaborato, né richiede preparazioni complesse. È un prodotto da pasticceria che entra in scena per pochi giorni e poi scompare fino all’anno successivo. Come capita per le tradizioni più radicate, non serve molto per renderlo speciale: basta vederlo comparire per capire che dicembre è vicino, che le luci iniziano ad accendersi e che la città sta entrando nel suo periodo più caratteristico.
Il pesce di Sant'Andrea : una tradizione che continua perché riesce ancora a parlare alle famiglie
Ciò che rende questa ricorrenza così stabile nel tempo è il modo in cui riesce a coinvolgere generazioni diverse. I bambini la vivono come una sorpresa; gli adulti la riconoscono come una tradizione che appartiene alla loro storia; i nonni trovano nel dolce un pretesto per tramandare un’abitudine che ha accompagnato la loro infanzia.
Vuoi provarla anche tu?
Se ti trovi a Vetralla o a Viterbo alla fine di novembre, fermati in una pasticceria e cerca il pesce di Sant’Andrea. Portalo a casa, assaggialo al mattino con i mandarini della vigilia o condividilo con qualcuno: è un modo semplice per entrare in una tradizione che continua proprio perché sa restare autentica.
E se nella tua famiglia esiste una versione personale di questo rito, raccontacela: vale sempre la pena conservarla.








