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Stocafisso accomodato: il tempo lungo della cucina genovese

Aggiornamento: 29 lug

di Alessandra Penco

Nel lessico della cucina ligure, il verbo “accomodare” ha un significato preciso: non è solo aggiustare, è prendersi cura. È il gesto lento e accorto di chi sa che ogni ingrediente ha bisogno di tempo per farsi ascoltare. Lo stocafisso, nella sua forma più classica e genovese, ne è l’esempio più evidente


Stocafisso accomodato genovese

Perché si chiama “accomodato”?

In Liguria, “accomodare” un piatto significa prendersene cura, arricchirlo, dargli dignità. Non si tratta solo di cucinare: è un gesto che racconta il passaggio dalla necessità al piacere, dalla sopravvivenza alla condivisione. Lo stoccafisso, un tempo lessato semplicemente nei giorni di magro, diventava accomodato quando si aveva qualcosa in più da mettere in pentola: un filo d’olio buono, una manciata di pinoli, qualche oliva taggiasca, le patate dell’orto. È in questo gesto lento, fatto di strati e di attese, che il piatto si trasforma. E con lui, la cucina popolare si fa racconto.


Un pesce del Nord diventato cuore del Mediterraneo

Lo stoccafisso non nasce qui. Arriva da lontano, dai freddi mari della Norvegia, dove i merluzzi venivano essiccati al vento artico. Ma è nel bacino del Mediterraneo — e in particolare a Genova — che questo alimento trova una seconda patria. I commerci marittimi, sin dal Medioevo, lo portarono nei porti liguri, dove divenne un bene prezioso per la sua lunga conservazione e la sua versatilità.

Lo stoccafisso (da non confondere con il baccalà, che è merluzzo sotto sale) era un alimento “povero” solo in apparenza: richiedeva una lunga preparazione, giorni di ammollo, attenzione nei tempi e nella cottura. In cambio, sapeva restituire profondità e sapore, diventando protagonista delle tavole nei giorni di magro e nelle cucine delle famiglie.


Accomodato: un atto d'amore

A Genova lo stoccafisso si fa “accomodato”: cotto lentamente con pinoli, patate, olive taggiasche, pomodoro e, talvolta, acciughe dissalate. Una ricetta che cambia da casa a casa, da delegazione a delegazione, ma che ovunque mantiene la stessa anima: quella della pazienza e della cura.

Il suo profumo è quello dei giorni di festa, delle cucine che iniziano a lavorare al mattino presto, dei pranzi familiari che si allungano fino al pomeriggio. È un piatto che racconta la Liguria attraverso il tempo, più che attraverso lo spazio.


La ricetta genovese

Ingredienti (per 4 persone):

  • 800 g di stoccafisso già ammollato e privato della pelle

  • 400 g di patate

  • 1 cipolla bionda

  • 30 g di pinoli

  • 30 g di olive taggiasche

  • 2 acciughe sotto sale

  • 200 g di pomodori pelati

  • Olio extravergine d’oliva

  • Sale q.b.

  • Prezzemolo (facoltativo)


Procedimento:

  1. Tagliare lo stoccafisso a pezzi regolari

  2. In un tegame capiente, soffriggere la cipolla affettata sottilmente con un generoso filo d’olio. Aggiungere le acciughe dissalate e farle sciogliere

  3. Unire i pinoli e farli tostare leggermente. Aggiungere quindi i pelati spezzettati e cuocere per una decina di minuti

  4. Disporre i pezzi di stoccafisso nel tegame, aggiungendo anche le patate tagliate a tocchetti e le olive

  5. Salare con moderazione e coprire con un coperchio. Cuocere a fuoco basso per almeno un’ora e mezza, mescolando delicatamente di tanto in tanto

  6. Il piatto è pronto quando il pesce è tenero e le patate iniziano a sfaldarsi leggermente, creando una consistenza cremosa


Da sapere: come molte preparazioni liguri, anche lo stocafisso accomodato è più buono il giorno dopo, quando i sapori si sono fusi completamente. Servitelo tiepido, magari con una fetta di pane rustico e un bicchiere di bianco ligure.

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Magazine nazionale di gastronomia e cultura.
Un progetto editoriale indipendente che racconta il cibo come espressione di identità, territorio e immaginario collettivo.

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