I Vini Liguria protagonisti al Vinitaly: viaggio tra viticoltura eroica e identità del territorio
- Redazione
- 5 giorni fa
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Aggiornamento: 4 giorni fa
di Federica Lucente
Le aziende presenti hanno dato vita a un percorso enologico che ha attraversato la regione da Levante a Ponente, guidato con maestria dai sommelier di AIS Liguria. Attraverso degustazioni tematiche e momenti di approfondimento, il pubblico ha avuto l’opportunità di esplorare i terroir liguri: paesaggi aspri e spettacolari, plasmati da secoli di lavoro e dedizione. Un racconto fatto di profumi mediterranei, mineralità salmastra e storie di produttori che ogni giorno sfidano la verticalità della loro terra per coltivare eccellenze vitivinicole.

Il Moscatello di Taggia: un’eredità salvata dal tempo
Il Moscatello di Taggia ha rappresentato una delle testimonianze più suggestive tra i Vini Liguria portati al Vinitaly. Antico vitigno autoctono, è un raro clone del Moscato Bianco che, in Liguria, ha trovato un’espressione ancora più aromatica e seducente. Già nel Quattrocento, questo vino era considerato una prelibatezza, tanto da essere esportato nel Nord Europa e apprezzato nelle corti papali.
Nel tempo, la sua produzione ha subito un declino quasi totale, complice l’arrivo della fillossera. Ma grazie a un progetto di recupero promosso da alcuni produttori locali, in collaborazione con la Regione Liguria e l’Università di Torino, ne ha permesso il ritorno in grande prospettive. Oggi, il Moscatello di Taggia è prodotto sia in versione secca, ideale per l’aperitivo grazie alle sue note floreali e agrumate, sia in versione dolce, intensa e persistente, che profuma di frutta matura, miele e fiori bianchi.

Cinque Terre DOC – Cantina Sassarini: la fatica che guarda il mare
Nelle Cinque Terre, con la Cantina Sassarini con un blend di bosco, vermentino e albarola. Qui, i vigneti si aggrappano a scogliere a picco sul mare, modellati da terrazzamenti secolari e raggiungibili solo a piedi o su monorotaie. Ogni bottiglia è il frutto di un’impresa agricola che sfida le leggi della gravità ogni anno.
Il vino presentato al Vinitaly si è distinto per un giallo paglierino luminoso, e per un profilo olfattivo ricco e raffinato: melissa, biancospino, pompelmo e una chiusura erbacea di mentuccia. Al palato ha rivelato una freschezza vibrante, sostenuta da una spiccata sapidità che ne ha fatto emergere l’anima marina. La persistenza aromatica e l’equilibrio tra acidità e struttura hanno restituito in pieno l’identità del Levante ligure. Un vino che non solo racconta un luogo, ma anche il sacrificio e la passione di chi lo produce in tutta la sua bellezza.

“Majè” Pigato Riviera Ligure di Ponente DOC – Bruno Pigato: la voce della macchia mediterranea
Anche il Ponente ha avuto il suo degno rappresentante tra i vini in degustazione, come il “Majè” Pigato di Bruno Pigato. Prodotto nella Valle Arroscia, tra i comuni di Ortovero e Ranzo, questo vino nasce da vigneti situati a oltre 250 metri di altitudine, coltivati su terrazzamenti tradizionali (i majè) che dominano la vallata.
Ci ha conquistato per l’intensità dei suoi profumi: pesca gialla, cedro, fiori bianchi e le inconfondibili erbe aromatiche della macchia mediterranea. In bocca ha mostrato una grande freschezza e piacevolezza, sostenuta da una sapidità profonda. Ma è stato il terroir a renderlo unico: argille azzurre del Pliocene, ricche di fossili, e un microclima temperato dalle brezze marine e dai boschi circostanti. Il risultato è stato un Pigato elegante, territoriale, capace di raccontare con precisione la geologia, il paesaggio e la mano dell’uomo.